ANNA RUOTOLO – SECONDI LUCE (LietoColle, 2010).

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Vederti come una casa a crescermi avanti
quando la nebbia allaga la terra
nel grigio fusto di novembre,
o un fuoco,
le mani che appendono il cappotto.
All’infinito so che ti affacci sul lato occaso della bocca
e svegli il tempo
so che scosti due rive, si ritira l’acqua dal mio petto
e sono tutte stelle.
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Forse si può scrivere sul primo libro di Anna Ruotolo, giovane poeta campana, senza soffermarsi su metriche, forme, viaggi della parola; solo entrando dentro i corridoi scavati da tre quattro poesie come fossero sceneggiature di film, viaggi nella memoria del corpo e della mente, detriti arrivati dal centro del mare alla riva, alle lunule, un po’ tossici, un po’ da “conservare in pancia”.Si sconta l’assenza, la mancanza, solo dentro il tempo; si sconta l’amore nel tempo, soffrendolo, ne si attende il ritorno, anche fuori della nostra volontà: non fosse per spiragli lasciati di proposito (“ripioverai sulla mia faccia / da un portone malchiuso / con le tue braccia di foglie / con le tue mani di poesie”), l’amore può ritornare in nuove forme, montaliano miracolo s’una porta di osteria. Un mare d’inverno, così s’immagina il copione di questo film: una pensione a novembre, “l’affittacamere [che] accende un lumino / su per le scale”; e pensare subito a rinascere “come i pesci all’inizio del tempo / senza librare se l’acqua ritorna / per bene al principio della fase”. È certo un dono riprendere la luce, riconoscerla come “all’infinito”, talmente distante da non subire orologi, eppure “fuoco” che si spera, “bisbìglio delle lucciole” che si vede, acqua che pesa “quanto pesò sotto le barche / per tenerle in vita.”È poi lo sforzo dell’amore (“Ho da scaldare tante piccole cose / per amarti bene”), il suo allenamento, la sua fatica (“risalire con la macchina i curvoni / addestrare il tempo della frizione”); la sua gratuita capacità d’invenzione, “un nome che mi hai dato”, la creazione.

Giorgio Casali

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©2012 Concretamente Sassuolo

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