Un’intensa lettura di Francesca Coppola di alcune poesie tratte da Secondi luce (LietoColle, 2009 – seconda edizione 2011)

Dal blog Francesca Coppola

Anna Ruotolo

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*

Oggi sei un giorno lontano
partito come il treno
oltre la frontiera.
Mi chiederanno se ho aperto
al corriere della strada
se molle è il pacco dopo la pioggia,
perché ho rattoppato la porta.
Verrà, verrà il tempo che ci implora
col segno amorfo sulla fronte
forse una linea profonda,
come saprò vederla.

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*

Annerire gli spazi col puntino

Ho scelto,
ho scelto un fondale per questa sera:
so che vorrei la tua faccia
tutta intera e chiara
una scena vivida all’improvviso,
una traccia elettrica dall’orlo dei lampioni.
Ho da fare come un percorso
su una parete illuminata
ed ogni punto sarà lo spazio da annerire
per vederti nascere, apparire dal nulla.


*

“Una mattina qualunque” può dirsi
il punto consumato ad est del porto
fino a quando, poi, resti una striscia
di terra per segnarti l’ora della fuga.
Come quando – vedi – hai trascorso
un sorriso sull’ultima valigia
che s’incastrava
e portavi addosso la neve
e un milione di cose compiute.

da “Secondi luce” (LietoColle, Faloppio, 2009)

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Brevi considerazioni:

I secondi di luce per definizione sono brevi, a volte così tanto da essere impercettibili, eppure allo stesso tempo sono autentici e questo ben lo sa l’autrice che non tenta di nascondere l’immensità che si manifesta dietro un piccolo gesto, inaspettato.

E come si può dare un titolo ad un istante infinito? Questa raccolta di Anna, ha il sapore dell’effimero, come -toccata e fuga-, tipo esserci ma non esserci e lasciare sorprendentemente un’impronta.

Si tratta, a mio avviso, di una poesia che parte apparentemente tranquilla, perché la sua è una voce così limpida ed intima da sembrare sussurrata, ma comunque chiara da non poter dire – non ho compreso-. Ogni verso possiede la capacità di risuonarti dentro come il tic tac di un orologio che ha le batterie collegate ai muscoli del cuore. Gli stati d’animo, altamente condivisibili, creano quasi un’impasse emozionale, specie nelle chiuse, e così ci troviamo dinnanzi una porta appannata, che il vento amico di tanto in tanto fa cigolare aprendo quegli scenari percepibili tuttavia inafferrabili; poi la confusione fa il resto, si indietreggia – mani alla maniglia – decisamente affascinati.

C’è un tu che percorre tutti i testi, un interlocutore comune che fa di continuo capolino, così tanto da renderci partecipi. /Oggi sei un giorno lontano/, l’incipit della prima lirica crea un interstizio che ci è caro: chi non ha conosciuto il gelo di una distanza? Un non più, non stato, un no(n) possibile? In quello spazio che genera dolore, domande dei più curiosi, ricordi da scordare e cede alla mancanza di certezze si perde non solo quel –tu- ma anche un –noi-. E se è vero che /Verrà, verrà il tempo che ci implora/ di restare chissà, di ritornare, di vivere, comunque c’è da registrare un /segno amorfo/ come ferita ancora non calcolabile, o /linea profonda/ in un discorso ormai chiuso?

Non sembra essere così se si entra nella seconda stanza che Anna pazientemente ci apre. Ci sono dei lassi di tempo durante i quali vaghiamo per vie solitarie alla ricerca della luce, ma poi l’esigenza ci porta consapevolmente ad annerire quei spazi solo per sentirci meglio, anche in modo fittizio.

Il tema focale è l’assenza quasi personificata. L’autrice sembra affidarsi a due amicizie storiche dell’uomo: la memoria e l’immaginazione.

/ so che vorrei la tua faccia

tutta intera e chiara

una scena vivida all’improvviso,

una traccia elettrica dall’orlo dei lampioni/

Ricordare il viso e sperare in un’apparizione che vada –in qualche modo- a tappare tutti quei buchi, quelle mancanze che si avvertono e con forza si respingono. Ci sono momenti da passare oltre, attimi in cui bisogna raccogliere le forze e poi, poi ci sono quei “secondi di luce” che rivendicano l’esistenza,  quelli a cui ci aggrappiamo, quando ci sentiamo persi:  ed ogni punto sarà lo spazio da annerire/per vederti nascere, apparire dal nulla.

Le partenze, i percorsi, i lasciti, sono un po’ i punti attorno ai quali sembra snodarsi la poetica di Anna. /Una mattina qualunque/ e chissà cosa sarà, una nave che parte, una scia che resta conficcata nelle acque, una strada percorsa in lungo e in largo, i momenti-valigia indaffarati e vivaci. Vai via da me, ecco e porti con te la neve (distacco) e  /un milione di cose compiute/, avvenimenti, turbamenti, discorsi,  secondi di luce – eterni.

f.c.


foto di Lino Verdicchio

Anna Ruotolo (1985) vive a Maddaloni, in provincia di Caserta. Frequenta la facoltà di Giurisprudenza. Ha pubblicato la raccolta “Secondi luce” (LietoColle, 2009 – Premio Turoldo 2009, Premio Silvia Raimondo 2009, Premio Città di Ostia 2011). È presente in varie antologie poetiche, tra le altre si segnalano: “Quattro giovin/astri” (Kolibris, 2010), “Raccolta di poesie“ (Subway edizioni, 2011), “La generazione entrante. Poeti nati negli Anni Ottanta” (Ladolfi editore, 2011 – a cura di Matteo Fantuzzi e con una prefazione di Maria Grazia Calandrone). Suoi testi sono apparsi in “Poesia” di Crocetti, “Capoverso”, “Poeti e Poesia”, “Italian Poetry Review”, “La Clessidra” nel quotidiano “Il Tempo” e in blog e magazine online. Un testo tradotto in spagnolo da Jesús Belotto è pubblicato nel num. 4 della rivista internazionale “Poe +”. Collabora, scrivendo recensioni, con la rivista “Poesia” (Crocetti). È redattrice del mensile MyGeneration e del blog collettivo Corrente Improvvisa. Gestisce il sito personale www.annaruotolo.it e il blog letterario SpazioPoesia.2 (http://spaziopoe.blogspot.com). È in uscita, per i tipi di Raffaelli, un suo nuovo lavoro: “Dei settantaquattro modi di chiamarti”.